Oggi a pranzo mentre tornavo a casa per portare al pascolo Valda la hippy, ho ravanato nella cassetta della posta che in genere mi delizia con bollette e, ultimamente, i 1500 pacchi e pacchetti che mia sorella si fa spedire da ebay, yoox, stocaz, e via dicendo. Vedo in lontananza una busta imbottita gialla e la giro distrattamente già sicura che fosse l'ennesimo uncinetto scelto accuratamente online da mia sorella.. e invece, stupore! - per quanto si possa essere essere stupiti quando si ha domito 4 ore la notte precendente e con 35 gradi fuori - sulla busta c'era il mio nome. L'ho dovuto leggere due volte per essere sicura. Sì perché a casa mia c'è questa mania di chiamare le figlie con nomi similissimi. Io e mia sorella abbiamo nomi poco comuni in italia e che iniziano anche nello stesso modo, ottenendo un effetto ridicolo. Cerco in tutti i modi di non presentarmi mai in pubblico insieme a lei per questo motivo, ma ora il destino ha voluto che dopo 10 anni ci trovassimo a vivere nella stessa città, stesso palazzo, stesso appartamento, e quasi stessa stanza. Chissà se è capitato lo stesso anche alle mie due cugine Camilla e Carlotta. Anche loro vittime, nei nomi, di genitori burloni.
Comunque, tornando al pacco, lo porto su insieme alla notifica del Comune di Milano sulla scadenza della mia carta d'identità - che palle - e lo apro. Dentro c'era l'ultimo cd dei A Toys Orchestra, Technicolor Dreams. A dirla tutta non li avevo mai sentiti prima quindi apro meglio il contenuto della busta e leggo tutte le critiche positive - ovviamnete quelle negative non te le mandano in rassegna stampa - del Rolling Stones, Rockol, ecc. Lo infilo in borsa per ascoltarlo al lavoro e penso: fico però, mi spediscono i cd. Ancora resta un mistero il perché. Sono pubblicista è vero, ma non scrivo più - aimé - da nessuna parte, blog a parte. Vecchi contatti di quando scrivevo di musica e cinema per Max? Chissà, ma in ogni caso ringrazio l'etichetta - Urtovox - e per ricambiare ecco qui la mia recensione dopo aver ascoltato il disco.

Con il primo pezzo, Invisible, sembra di ascoltare i fratelli Pace e Kazu dei Blonde Redhead, quando ancora non erano famosi e subito mi sento a mio agio. Mrs. Macabrette mi fa rituffare nell'adolescenza, nei giorni passati nella stanza a fissare il soffitto o fuori dalla finestra e pensare e ripensare senza mai concludere una sola frase. Gli Sparklehorse accompagnati da armoniche a bocca e xilofoni vibrano dalle casse ricordandomi solo alla fine che sto ascoltando una band italiana, che ha iniziato a suonare nel 93 - come leggo dalla loro biografia - e che giustamente è stata subito notata dalla scena indie. E' bello e rincuorante sapere ogni tanto che musicalmente l'Italia non è fatta solo da Laura Pausini e Tiziano Ferro - stop! dimentica! - ma c'è qualcuno che non cerca di andare ad Amici per imparare a cantare, tutti uguali, esattamente come si canatava 30 anni fa in Italia. Con i pugni stretti e la faccia sforzata piena di un'espressione finta copiando dai modelli VECCHI E ANDATI sempre loro, sempre gli stessi.
Continuo nell'ascolto e non c'è un pezzo che non mi convinca. Mi astraggo e la mente riprende a vagare. In una parola, direi che è un disco onirico. In genere non mi sbilancio - tranne rare eccezioni come gli Interpol - ma questa volta non posso trattenermi. E' decisamente un bel disco. Se vi capita, ascoltatelo, possibilmente mentre sfrecciate in vespa con il vento in faccia soli con i vostri pensieri.

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