venerdì 17 dicembre 2010

Bretagna + Parigi: valigia sì o valigia no?




Dopo la mia recente sfortuna con i bagagli sono in forte dubbio se partire con 6 paia di mutande e un solo golf evitando l'eventuale smarrimento della valigia oppure sfidare la suerte e infilare di tutto e di più nel valigione per il mio Natale bretone e capodanno parigino. Quasi quasi opto per la seconda, in fondo non può andare sempre male (e qui faccio le corna, tocco ferro, legno e prego la madonna in questo venerdì 17), specialmente perché questo giro col cavolo che viaggio con Alitalia. Volo con Easyjet che mi fa pagare un extra per ogni tratta ma si spera che il bagaglio me lo recapiti fino in Bretagna. Si spera, cristo.

Se tutto va bene quest'anno addobberò il menhir con ghirlande natalizie, dormirò abbracciata a Valda, passerò la vigilia e il 25 con padre, sorella, marito della sorella, mamma del marito della sorella, compagno della mamma del marito della sorella e il 26 ripartirò per Parigi probabilmente dopo aver litigato con Auguste (padre) come ogni Natale che si rispetti.

Ah Paris! Sette piani di scale mi aspetteranno nello splendido studio (o almeno così sembra in foto) attaccato a Répu e quando tutta sudata avrò portato il valigione su in cima, finalmente potrò gustarmi la vista in attesa di MM. Non vedo l'ora.


Tutti poi a dire "A Parigi a Natale s muore di freddo" "A Parigi a Natale piove sempre o peggio ancora nevica" "A Parigi si spende tanto" "Parigi è piena di italiani" e quindi? A parte che ci sono già stata diverse volte quando mia mamma viveva lì ma poi mica sto andando in Svezia in costume da bagno e con la valigia di cartone. Io a Parigi mangerò tantissimi croissant et pain au chocolat per darmi energia (diciamo così), andrò in giro per piccoli bistrot a bere vino nei balon per scaldare lo spirito, farò shopping in negozietti meravigliosi per comprare indumenti di lana, andrò alla mostra di Moebius, me ne andrò a zonzo con sciarpa, guanti, cappello e kleenex ma senza giacca calda perché non ce l'ho, e l'1 gennaio ancora con il rimmel colato e una scarpa si e una no mi accomoderò sulla poltrona dell'aereo per godermi Milano deserta in tutto il suo spleen del primo dell'anno.

Oggi a Milano nevica, Mini fa la pallina sul letto, io ho fame e 4 afte in bocca e mancano 4 giorni alla mia partenza. Tutto sarebbe ok se solo non fossi inspiegabilmente nervosetta. Ma ora vado a tirare qualche palla di neve con cattiveria ai passanti e sicuramente mi passa.

giovedì 9 dicembre 2010

La vie en rose




C'è chi fra i 30 e i 40 anni avverte i primi segni di senilità vestendosi completamente in stile animalier e chi come me inizia ad apprezzare nuove essenze. Contrariamente a qualche anno fa sono diventata una fan delle rose.

Mi piacciono nei giardini, quelle selvagge nei roseti, singole nei vasi ma soprattutto in boccettine di profumo, in tonici e struccanti.

Qualche giorno fa sono stata invitata a partecipare a un incontro della Roberts nel bellissimo caffè Fioraio Bianchi. Per colpa del lavoro (è sempre tutta colpa sua, si sa, specialmente per le mie rughe) non ho fatto in tempo ad arrivarci ma all'Acqua di Rose non ho rinunciato.


La usava mia mamma, la usa ogni tanto mia sorella, la uso io e se mai avrò dei figli (NB, anche maschi) proporrò anche a loro di usarla. L'Acqua distillata e il gel detergente hanno un profumo buonissimo che fa coppia con la mia essenza del momento, ossia Rose di Roger & Gallet.

Mi sto forse trasformando in un'apona? A giudicare dalla pancia tonda direi proprio di si ma dubito che mi spunterà mai alcuna aletta capace di sollevarmi per svolazzare lontano da Milano. Nell'attesa stordisco tutti con quintali di rose e spero nel miracolo. Non abbattetemi per favore.

BZZZZZZZZZZZZZZ!

martedì 9 novembre 2010

Freelance è bello, anzi, è meglio




Una delle cose che non capirò mai è quando dici alle persone che sei freelance e che lavori da casa (per quanto ti è possibile fare) e loro ti rispondono "Nooo, io non ce la farei mai a non andare in ufficio. A casa finisce che mi rilasso troppo, resto in pigiama tutto il giorno e non faccio niente".

Quindi, tanto per capirci, tutte queste persone se non hanno qualcuno che li frusta, un grande fratello che li osserva (e non parlo di quello su Canale 5) e un ufficio dove andare perdono il loro interesse per il lavoro, la dignità di vestirsi e lavarsi e oltretutto temono di stare in un ambiente isolato senza suonerie che squillano, gente che va e che viene continuamente e colleghi che parlano al telefono a voce sempre troppo alta.

Esattamente quale fra le tante cose della vita d'ufficio gli manca di più? Le pause sigaretta e caffè? La mensa per chi ce l'ha se no i pranzi al solito bar/ristorante dove con un ticket ormai non ci compri nemmeno più il caffè? Le pareti tristi dell'open space? I colleghi rumorosi? Quelli noiosi? Le inutili riunioni? O davvero l'occhio vigile del capo che li controlla?

Di certo esistono uffici dove tutto è bello, tutti sono simpatici e tutti lavorano benissimo insieme, ma non posso credere che tutti coloro che mi hanno dato quel genere di risposta al mio status di freelance abbiano tutti la fortuna di lavorare in un posto così.

Io adesso in ufficio ci vado più o meno 2 volte a settimana e devo dire che meglio di così si muore. I colleghi della redazione sono simpatici, 4 chiacchiere si fanno volentieri e la mensa presa a piccole dosi è anche divertente. Ma se dovessi andarci tutti i giorni come mi capitava prima di certo le mie giornate sarebbero molto più grigie e così anche il mio umore.

Freelance è bello perché non hai sabati e domeniche, il che, tradotto nella mia lingua, significa sì che non c'è mai riposo ma anche che sei felice di fare ciò che fai perché te lo sei scelto. E d'altro canto è anche vero che se il lunedì vuoi andare a comprare il giornale alle 11 del mattino puoi farlo; se devi aspettare il postino perché è in arrivo un pacco importante puoi farlo; se vuoi fare le lasagne a 30 strati da sbafarti la sera puoi farlo. Sei padrone del tuo tempo e a meno che tu non sia un lobotomizzato non hai di certo bisogno che nessun altro lo amministri per te.

Lavorare da casa è bello perché sei vicino a tutto: il mondo, come è giusto che sia, ruota attorno a casa tua e non all'ufficio, quindi avrai la palestra, il parchetto, il supermercato, la merceria, il verduriere e tutto quello che ti serve lì a pochi passi, com'è sempre stato da che ti sei trasferito in quell'appartamento.

Vuoi mettere lavorare sul divano invece che sulla sedia dell'ufficio dove fa sempre troppo caldo o troppo freddo? Vuoi mettere andare in bici a pranzo con un amico o per un incontro di lavoro (sì, un altro lavoro che svolgi ogni mattina mentre tutti gli altri sono in coda verso gli uffici) invece di dover infilare tutti i tuoi impegni nelle poche ore di vita che ti restano la sera?

Non inquini, non consumi, non sprechi energie, non diventi isterico per l'inquinamento acustico. Quindi perché non vi licenziate e lavorate tutti da casa?

Non sono accettate risposte del tipo "ho il mutuo da pagare", "eh, la fai facile!", "e chi paga poi l'affitto?" e simili. Fare il freelance non significa non fare una mazza come tanti pensano ma anzi, significa fare di più ma farlo con coscienza senza arrivare a 50 anni e capire che tutto ciò che hai fatto lo hai fatto per un'azienda che nello specifico non sa nemmeno che esisti ma che sta pensando di sostituirti con un software di generazione avanzata (o in certi casi con un picchio).

Freelance è bello.

Foto presa dal profilo Facebook del mio amico Pier Andrea Notari e da lui intitolata "Libero" Professionista (per chi lo conosce, ecco il link)

martedì 2 novembre 2010

La pioggia sprigiona nuova idee. Stare a casa è bello.




Ho messo il blog nella candeggina e allora mi sento in dovere di fare un post, ma la verità è che non ho nulla da dire, almeno non qui. Divagherò senza meta quindi fra le parole inutili e che non interessano a nessuno. Comincio.

Vorrei passare da blogger a wordpress, lo dico da anni, ci penso da mesi ma alla fine questo blog lo sto aggiornando ben poco e allora gli lascio un'ultima chance per invogliarmi di nuovo con il suo nuovo template tutto bianco e i caratteri grandi e la pagina spaziosa. Sai mai.

Piove da 3 giorni e la cosa mi rende piena di gioia. Il Natale quest'anno mi prende bene e con un anticipo esagerato ho già comprato i regali a tutte le persone alle quali li farò (4). Mi manca solo il regalo più importante, quello per Valda e Amichetto (entrambi cànidi) lassù in Bretagna, ma cazzo all'IKEA non fanno più lo stivale di stoffa (detto "tacco" da noi) che a loro fa impazzire e allora mi toccherà inventarmi qualcos'altro.

Aspetto la neve e nel frattempo ho pensato al prossimo viaggio che voglio fare: andarmene a zonzo in macchina su e giù per la Gran Bretagna, dal Devon alle altre splendide regioni come la Cornovaglia arrivando magari fino in Scozia (si lo so, è lontano), dormendo nei cottage e nei B&B con gli scones (che non mi piacciono ma mi sforzerò) cucinati dalle padrone di casa, con le partite a golf che goffamente faremo cercando di migliorare il nostro swing e sarebbe bellissimo riuscire anche a fare un bel giretto a cavallo.


NB, tutte queste cose non le faccio da quando avevo 12 anni quindi sarà sicuramente simpatico. In fondo se sono sopravvissuta al kayak e ai boschi canadesi che vuoi che sia?

Quando lo voglio fare? Al più presto e sì, con il freddo e anche la pioggia. Se avessi voluto il sole sarei andata alle Mauritius.

Con quali soldi? Eh vabbè, quelli si trovano in un modo o nell'altro.

Per quanto tempo? Tutto quello che mi viene concesso da compagni di viaggio e cazzi vari. Sì lo so, avrei potuto usare un termine più elegante, ma in fondo perché?

lunedì 1 novembre 2010

Ecco perché per me la convivenza non è necessaria




Non che questo argomento possa interessare a nessuno ma ne approfitto per porre una domanda. Ecco dunque perché non sento il reale bisogno di andare a vivere con nessun fidanzato, concubino o presunto tale né tantomeno sogno di sposarmi e di vivere nella casa del mulino bianco. Sono motivi stupidi ma in fondo quali sono quelli importanti che spingono gli altri a convivere?
  • in casa so riparare meglio le cose e con più ingegno delle persone che ho frequentato
  • quando torno a casa e trovo la penna messa nella stessa posizione e il letto disfatto come l'avevo lasciato non penso mai "smurf" ma mi rallegro
  • amo il silenzio
  • amo la musica, che scelgo con cura. Adesso ad esempio voglio ascoltare il Rocksteady e non il Glam Rock, l'Hard Core o il Punk Rock
  • mi piace stare al computer per ore e ore e non sento il bisogno di fare una chiacchierata
  • non mi piace fare un lavoro di squadra. Se cucino e mi vuoi aiutare sono contenta di farlo insieme ma se sto facendo una cosa non mi piace che qualcuno faccia esattamente la stessa contemporaneamente creando solo casino (e magari aggredendoti anche)
  • amo i miei spazi e anche in caso di convivenza ogni tanto ho bisogno di una mia grotta dove stare nella quiete o nel caos, purché sia separato dal resto del mondo
  • sono abbastanza donna e anche abbastanza uomo da riuscire a fare più o meno qualsiasi cosa si debba fare in casa e fuori
  • quando dormo non mi piace stare abbracciati. Voglio dormire e non voglio avere caldo con qualcuno che mi sta appiccicato o freddo con qualcuno che mi tira le coperte
  • se abbiamo litigato è fuori discussione che io possa dormire serena nello stesso letto e quindi vorrei evitare anche la discussione del perché dormo sul divano scomoda
  • non mi piace chiedere aiuto e in generale cerco di risolvere i miei problemi da sola (ma al contrario mi fa piacere aiutare gli altri se ne hanno bisogno e vogliono il mio aiuto)
  • non mi piace discutere o litigare all'infinito sul perché non hai comprato la lampadina che si è fulminata e che vi fa vivere nel buio da 3 mesi. Se vivo da sola semplicemente esco, la compro e la avvito, ma se viviamo insieme tutto magicamente si complica perché vivere insieme credo che significhi aiutarsi e fare le cose a metà, nel bene e nel male, un po' come nel matrimonio (o no?)
Ecco invece perché mi fa piacere invitare fidanzati, presunti tali e amici stretti a casa mia, ancor più dell'essere invitata a casa loro:
  • mi piace chiacchierare
  • mi piace cucinare per loro (e per me)
  • mi piace bere in compagnia
  • mi piace preparare la tavola o comprare dei fiori per abbellire la casa e per far piacere ai miei ospiti
  • se la serata è andata storta mi piace il fatto che il fidanzato ancor più che l'amico sappia dov'è la porta e si senta libero di andarsene quando vuole in modo da uscire dall'imbarazzo della routine del dormire insieme. Viva la sincerità.
  • mi piace confrontarmi
  • mi piace sapere che oggi stiamo insieme e domani anche, ma solo se va ad entrambi
In tutto ciò, per alcune complicate ragioni, al momento convivo con mia sorella con la quale inizialmente ho avuto diversi problemi visto che molti dei punti elencati valgono anche per la convivenza in generale, ma siccome grazie a dio non dormiamo insieme diciamo che spesso basta chiudere la porta (mia o sua, a turno) per avere un po' di privacy. Non essendo una coppia (almeno credo) nessuno si offende quando l'altro esce, cena con amici, va a fare altro nella propria stanza, si manda a cagare o la sera non vuole cenare. Semplicemente si fa quel che si vuole con un minimo di rispetto altrui.

Fra le accuse e gli insulti che mi sono beccata nei rapporti a due per questo mio distacco (distacco?) c'è chi mi ha detto che chi oltre i 30 anni vive da solo per scelta e non sente il bisogno di una famiglia è un freak. Può darsi, ma che male facciamo noi presunti tali?

Cosa spinga le altre persone, quelle "normali", ad andare a vivere insieme, non lo so. Tolto il vantaggio economico (aspetto che posso capire benissimo), una spiccata tolleranza e amore per il genere umano io al momento ne ignoro i motivi ma sono pronta ad ascoltare. Se subentrano i figli il discorso cambia, quindi lasciamoli fuori per un attimo.

Anche a me idealmente piacerebbe costruire una famiglia e fare l'albero di Natale tutti insieme ma mica è vero che funziona così o se non altro per me al momento è sempre stato più complicato di come me l'avevano dipinta sui libri da piccola. Fortuna che c'erano mia mamma e mio padre a farmi capire da subito come gira il mondo.

Chissà cos'hanno insegnato i genitori a chi si giura amore eterno e poi dopo 4 anni si tira i piatti, si strattona i figli, va a vivere insieme e la sera si inventa le cazzate per andare a scopare in giro con il primo/la prima che passa, torna a casa nervoso e non realizza che il motivo del proprio nervosismo è l'esistenza del conquilino/concubino, dà per scontata la persona che vive con lui/lei e quindi ogni gesto carino viene meno, non si mette più la camicia che gli sta bene ma la tuta che gli sta comoda, non apre più la finestra per fumare la sigaretta ma lascia la montagna di cicche nel posacenere tutta la vita.

E adesso ci sarà chi pensa che questo non abbia nulla a che fare con la convivenza ma con la fine dell'amore, mentre io penso che spesso le due cose non siano così separate fra loro. L'amore a distanza aiuta la coppia o la separa? E la distanza è ritenuta tale solo se sono due Stati diversi o anche se si vive a tre strade più in la? Vediamo se il rocksteady risponderà alle mie domande che tanto in casa non ho nessun altro a cui chiederlo, almeno non fino a questa sera (ma ricordiamoci che esiste il web viva dio).

venerdì 8 ottobre 2010

Se hai bisogno di una mano non chiederla agli amici, è più facile che arrivi da un canguro




Negli ultimi anni ho capito questa grande verità: gli amici servono per lo più a fare colore, per bersi un drink insieme, per passare un sabato al cazzeggio, per liberarci la testa. Gli amici sono davvero preziosi nel quotidiano ma se hai davvero bisogno di una mano concreta è bene sapere che potrai contare al massimo su tre o quattro di tutti quei numerosi amici che in un modo o nell'altro senti spesso.

Non sto parlando di casi di malattia o situazioni gravi (nelle quali mi sono trovata *da sola*) perché posso capire che sia faticoso preoccuparsi per un'altra persona che non sia tua moglie, tuo figlio o tuo fratello ma mi riferisco a quei piccoli gesti che ritengo normali ma che evidentemente in questo mondo (Italia?) non lo sono per tutti. Ecco un esempio: Tipsandtrip.com.

Quando lo stavo mettendo su ho chiesto a tutti i miei amici che nella Rete ci sguazzano, che nel cazzeggio ci vivono e in giro per il mondo ci vanno spesso, di aiutarmi a caricare qualche loro tip per iniziare a fare massa, quindi qualche loro piccolo consiglio di viaggio. E' difficile? Mi sembra di no. Ci vuole tanto tempo? Direi decisamente di no, 2 minuti al massimo.

Ora, visto che questo progetto l'abbiamo portato avanti da soli Magno ed io e siccome i soldi che avevo a disposizione erano contati, gli sviluppatori in India e sia io che Magno avevamo altri 3 lavori "veri" a testa da seguire, sono certa che non sia (ancora) come lo avevo in mente, ma cazzo, se sei un amico, proverai a fare una tip (*UNA*) oppure no? Anche solo per dirmi fa schifo, cambierei questo, questo e questo.

E invece no. Ovviamente non mi riferisco a tutti; c'è qualche amico che l'ha provato e qualcun altro che si è appassionato e lo usa da iPhone o da web, ma per la stragrande maggioranza posso dire che come amici sono proprio scarsi.

Premesso che Tips non è finito e che quando avrò più tempo e soldi continuerò a migliorarlo, quello che però ho capito da questa esperienza è che in realtà quando fai qualcosa in cui credi gli amici non ti servono e le gratificazioni le trovi altrove.

Tips è stato notato da Apple (!)
che ci ha mandato una bella mail da Cupertino nella quale ha detto a Magno, intestatario dell'account developer, che avevano visto l'applicazione e che la volevano promuovere nell'iTunes Store. Ecco qui sotto la mail originale.


Quando l'abbiamo letta non ci potevamo credere ma tant'è che qualche giorno dopo Tipsandtrip è comparso fra i banner dello store Apple australiano e da lì in poi abbiamo continuato ad avere tip di simpatici Aussie che a migliaia di chilometri di distanza, senza conoscerci, hanno iniziato ad utilizzare Tipsandtrip e ad appassionarsi.

La morale qual è? Chi fa da sé fa per tre. Ma il dubbio che resta è: perché noi italiani che bazzichiamo la Rete più che il salotto di casa nostra siamo sempre attizzati all'idea di essere i primi a provare un *qualsiasi* servizio web 2.0 americano/straniero per poterci vantare di essere i primi blablabla e poi quando un *amico* prova a fare qualcosa di concreto siamo riluttanti a dargli un'occhiata un po' più approfondita o a fare un retweet?

Io una teoria ce l'ho e vale per tutti gli italiani in generale che parlano parlano ma a stringere non fanno una mazza: siamo un Paese di rosiconi che oltre a tante belle parole e idee incompiute non sappiamo fare molto quindi guardiamo con la bava alla bocca modelli lontani per poterci vantare di qualcosa che di fatto non ci appartiene affatto.

Quindi alla faccia di tutti i quaquaraquà ringrazio invece gli australiani che non sanno nemmeno che io esisto ma che invece Tipsandtrip continuano ad usarlo quotidianamente e insieme a loro gli inglesi, americani, giapponesi, cinesi, spagnoli, greci, francesi, italiani ecc ecc che di tanto in tanto ci scrivono per farci i complimenti, ci chiedono nuove implementazioni e continuano a salvare le loro tip in giro per il mondo.

Grazie a loro e a quegli amici che anziché stare seduti sulle proprie rosicate ci hanno dato una mano a migliorare Tips e a farlo conoscere un po' di più. A tutti gli altri dico solo "tié!" ;)

domenica 1 agosto 2010

Racconto di un viaggio allucinante con Alitalia




Quando ho comprato il mio biglietto aereo per il Canada immaginavo che sarebbe stata una vacanza "into the wild" ma non credevo fino a questo punto. In un (forse) secondo post racconterò meglio la bellezza del Quebec ma in questo vorrei fare una cronaca di cosa è successo a me e come sono stata trattata da Alitalia.

Partita il 9 luglio da Milano Linate ho fatto scalo a Fiumicino e sono ripratita per Toronto. Al mio arrivo della mia valigia e di quella di altri 4 sventurati non c'era traccia. A volte capita, ho pensato, e sono andata al Lost&Found. I primi cenni di disorganizzazione si sono fatti subito notare ma non ci ho badato e mi sono limitata a segnalare alla hostess la descrizione della mia valigia e il mio recapito.

PRIMO AVVERTIMENTO: se Alitalia ti chiede anche un recapito fisso a meno che non viviate attaccati a questo o che pensate di passare tutta la vostra vita in quell'albergo dove siete in vacanza NON GLIELO DATE. Insistete per dar loro *solo* il cellulare altrimenti rischiate che vi chiamino lì anche a distanza di 1 mese dicendo semplicemente che non eravate disponibili al contatto.

Ignara di quanto appena detto, ingenuamente do loro i miei due numeri di cellulare specificando di chiamarmi lì e quello del B&B dove sarei stata solo per 3 giorni come detto più volte. In 3 giorni la ritroveranno - penso ancora vivendo nell'illusione di una compagnia efficiente - quindi non mi preoccupo più di tanto e salto sull'altro volo che mi aspettava grazie a dio con un'altra compagnia canadese.

Ecco, da quel momento in poi è iniziata un'epopea che non auguro a nessuno. L'hostess del Lost&Found mi dà il PIR, ossia un foglio con scritto a mano il numero della mia pratica e un numero da contattate "in qualsiasi momento per qualsiasi comunicazione e per tenere sott'occhio le ricerche della valigia". La mattina come prima cosa chiamo dal cellulare il numero ma non risponde nessuno se non una segreteria alla quale lascio un messaggio con i miei dati. Non vengo mai richiamata. Stessa cosa a 2 giorni di distanza, poi 3, poi 4 per indicare che non mi trovavo più in quel B&B ma non vengo mai richiamata e inizia a salire un po' d'ansia.

Al quinto giorno vengo contattata da una hostess Lost&Found che mi dice "Signora abbiamo ritrovato la sua valigia! Solo una domanda per sicurezza: sul suo bagalio NERO c'è un'etichetta con il nome JOHN TALBOTT, vero?". Io, fra la delusione e l'incredulità rispondo ovviamente di no e che la mia valigia è ROSSA, GROSSA, MORBIDA, SAMSONITE e che ovviamente riporta il mio nome sull'etichetta.
La hostess risponde solo con un "accidenti!" come se fosse inciampata camminando e mi dice che mi ricontatterà presto. Le faccio notare che non hanno mai risposto alle mie chiamate ma mi dice che loro lì ci sono solo 5 minuti al giorno in corrispondenza dell'arrivo dei bagagli. Eeeeeh??? E allora perché danno quello come numero da chiamare?! Ma a quanto pare è la mia unica speranza e distrutta attacco incrociando le dita.

Dopo 8 giorni ormai esausta di lasciare messaggi in segreteria provo a utilizzare il servizio di tracking online di Alitalia al quale avevo provato a collegarmi il primo giorno quando però la pagina risultava offline (!!!). Questa volta lo vedo nuovamente online quindi metto il mio codice del file, il mio cognome come richiesto e la risposta del sito è la seguente.


Certo, se solo fosse possibile parlare con qualcuno lo farei molto volentieri. A quel punto lascio passare i giorni ormai convinta che non ci sia più speranza e me ne faccio una ragione ma chiamo comunque il call center per sapere che tipo di rimborso offre Alitalia per bagaglio perso e per spese effettuate a causa del loro disservizio (ok che il Canada è selvaggio ma faceva anche un caldo mondiale e vivere 18 giorni con gli stessi vestiti e pantaloni lunghi era impensabile) ma ecco che mi scontro con la parte che più mi ha lasciato a bocca aperta di tutta l'odissea: il personale Alitalia del customer care.

SECONDO AVVERTIMENTO: A meno che non siate proprio fortunatissimi è molto probabile che a rispondervi sarà una persona che non ha idea di cosa sia l'attenzione al cliente e che unitamente a un'arroganza senza pari è anche totalmente impreparata e che tenterà in tutti i modi di liquidarvi dandovi informazioni SBAGLIATE. Provate a richiamare e vedrete che le informazioni date dal collega saranno diverse, e quelle del terzo collega ancora differenti e così via fino a una catena infinita.

Dunque, oltre ad essere trattata come una pezza da piedi, le ragazze (e ragazzi) del call center adottano la strategia dello scarica barile. "Signora mica è colpa mia se l'azienda (NB per la quale "lavorano") le ha perso la valigia, PROVI a fare un reclamo e vedere che succede ma io non so che dirle". Per sentire queste belle parole date con tono si sufficienza spenderete fiori di quattrini in roaming (io ho speso 450 euro) e quando chiederete di parlare con un supervisore perché loro "non sanno che dirti" ti attaccano il telefono in faccia dicendo che gli occupi la linea telefonica!

Nell'ordine le operatrici call center Alitalia mi hanno detto:
- guardi che a noi questo caso non ci interessa perché il suo bagaglio è stato perso a Toronto quindi deve chiamare il numero Lost&Found (che non ti risponde) e se la prenda con loro
- chiami il numero xyz (al momento non l'ho sotto mano ma lo aggiungerò successivamente). Tu chiami e una voce elettronica ti dice "Siamo spiacenti ma questo numero è inesistente". Richiami il call center e dopo la solita attesa (in roaming) ti dicono "ah e che vuole che le dica, mandi un fax a fiumicino allora (??!!)". Le spieghi che non hai un fax e che ormai non hai più fiducia ma di passarti un supervisore o di farti dare un numero attivo ma ancora dopo averti messo in attesa, urlando ti gridano di sbrigartela da sola e ti attaccano in faccia perché non sono capaci di reperire alcun numero.
- mi hanno dato un numero telefonico in FLORIDA (???!!!) al quale ovviamente non risponde nessuno
- hanno scaricato il barile su un numero delle Customer Relations che erò non è altro che un disco elettronico in 2 lingue che per sentirlo tutto ti ci vogliono 10 minuti e non esiste l'opzione Parla con un Operatore.
- il rimborso per le spese effettuate all'estero è del 50% sui vestiti e beni di prima necessità e 100% solo sui medicinali
- il rimborso per le spese effettuate all'estero è di 150 euro
- per il rimborso per le spese effettuate all'estero deve rivolgersi a un altro reparto
- per il rimborso per le spese effettuate all'estero non so cosa dirle, io non lavoro mica al Lost&Found ma al Customer Care
- per il rimborso per le spese effettuate all'estero non so cosa dirle, io non lavoro mica al Customer Care ma al Lost&Found (!!!!)

Insomma, dopo 2 ore di chiamate, sconfitta lascio stare fino al giorno in cui - a 18 giorni dallo smarrimento della mia valigia - mi chiama Air Canada e mi dice che Alitalia ha consegnato loro il mio bagaglio che si trova a Monteral. Montreal??? Io sono a Toronto! Gli spiego la situazione e mi dicono gentilmente anche se con infinite pause lasciandomi in attesa che devo contattare Alitalia.

Ormai con le lacrime agli occhi chiamo Alitalia e rientro nel tunnel del rimpallo: chiamo questi, è compito loro, io non so che farci, provi questo numero, provi con il reclamo.
Ma è mai possibile che un bagalio che LORO hanno mandato a Monteral per sbaglio non siano capaci di riprenderlo e rispedirlo??!!

Niente da fare davanti al muro di gomma. Alla fine cerco su internet e su un forum scopro di non essere la sola e che tutti questi e altri sventurati di altri forum ancora hanno subito il mio stesso incubo, con operatrici che attaccano il telefono, che ti trattano male e che non sanno niente ma ti fanno passare per la parte del torto solo perché osi chiedere delucidazioni. Oltre a ciò trovo un numero di telefono che provo a chiamare: segreteria. Riprovo più tardi e per pura "fortuna" finalmente mi risponde una hostess che mi dice che anche lei è lì solo 5 minuti al giorno ma che in effetti il mio bagaglio è a Montreal ma mancando ormai pochi giorni alla mia partenza me lo avrebbe fatto recapitare a Toronto. La prego di apporre una nota alla scheda e mi rassicura dicendo che non ci sarebbero stati problemi e che ha già inviato un avviso.

Ormai serena faccio i salti di gioia e con il mio bagaglio A MANO dopo 21 giorni a vacanza finita vado allo sportello check-in di Toronto. Lì le hostess del mio bagaglio non sapevano nulla. Mi rimpallano da una all'altra finché non viene una hostess del Lost&Found che passava di la che dice "ma come no! Il bagaglio azzurro no? Sta llà sotto!" (la dove???). Le spiego per la 100esima volta che il mio bagaglio è rosso, grosso, morbido e lei "ah vabbè, vediamo...".

Insomma, non ne sa nulla. Non è nemmeno in grado di leggere la mia scheda e sono io che devo guidarla raccontandole la storia. Mi dice scocciata "ma perché ha due codici di file e non uno?" e io le spiego che è Alitalia ad aver chiuso il primo senza avvisarmi in alcun modo e ne ha aperto un altro (informazione che mi è stata data dai gentili operatori Air Canada). Lei continua con il suo fare scostante e insiste con la tattica scarica barili. "Eh, chiami qui, chiami li, PROVI a fare reclamo, non so che dirle, mica gliel'ho persa io..."

Non ci vedo più e le faccio presente che il minimo sarebbe avere l'upgrade come promesso da una sua collega al telefono ma la risposta è "Se vabbè, ma non esiste proprio!" seguito da "guardi che perdiamo 100 bagagli a settimana, mica possiamo stare dietro a tutti!" e se na va piantandomi li e agitando la mano con le dita piatte come per sventolarsi la faccia urlando "Arrivederci!".

COSA????!!!!

Insomma, ormai è passato quasi un mese e la mia valigia è ancora dispersa. Ho giocato anche l'ultima carta scrivendo sulla pagina facebook Alitalia dove se non altro qualcuno ti risponde e ti telefona, il tutto condito fa un'orda di cafoni che ti insultano solo perché lamenti un disagio augurandoti ogni male.

Ultima notizia di oggi: mi chiama un gentilissimo uomo che NON lavora per Alitalia ma per una società esterna che collabora con le compagnie e mi dice che impietosito davanti alla mia scheda incasinatissima da Alitalia ha deciso di chiamarmi di persona per dirmi che la mia valigia è a Fiumicino (consegnata a loro da Air Canada). Che da quel momento in poi l'avrebbe consegnata ad Alitalia e che sarebbe stata loro cura rimandarmela a Milano a casa mia.

Oltre a adorare questa persona mi auguro che una volta accorciate le distanze Alitalia sia almeno in grado di farmela pervenire al mio indirizzo prima delle calende greche, sempre sperando che il bagaglio sia davvero il mio e non di un altro povero sventurato che probabilmente si trova a Shangai in attesa della sua valigia piccola, azzurra e rigida che porta il suo nome.

E' ovvio che questa è l'ultima volta che volo con Alitalia. E' da anni una compagnia che non scelgo mai ma a volte i miei compagni di viaggio mi costringono a causa di scali comodi. Dopo quest'epopea penso sia passata la voglia anche a loro.

Invito chiunque abbia avuto la sventura di essere stato trattato male da Alitalia e di essere entrato nel tunnel della valigia perso, rimborso in attesa, risposte date a caso, voli cancellati, sedili rotti, e chi più ne ha più ne metta, di riportare la propria testimonianza sulla fanpage facebook Alitalia. Chissà che non serva davvero a migliorare la compagnia e un giorno farci gridare al miracolo. Per poter scrivere purtroppo bisogna diventare fan ma subito dopo si può cliccare su "Non mi piace più", cosa verissima peraltro.

ULTIMO AVVERTIMENTO: Se viaggiate con Alitalia vi consiglio vivamente di portare solo un bagaglio a mano e di non aspettarvi troppo dal servizio offerto.

venerdì 25 giugno 2010

Tips and Trip ora anche su iPhone




Posto con un ritardo imperdonabile la notizia per me decisamente epocale che Tips and Trip è ora disponibile anche su AppStore per iPhone e iPod Touch.

A dirla tutta lo abbiamo lanciato qualche settimana fa ma presa da mille cose non sono riuscita a trovare il tempo di scrivere due righe anche qui. Beh, insomma, c'è e se volete scaricarlo non dimenticatevi di dargli un rating (spero 5 stelle) e magari aggiungere un bel commento. Il link per il download eccolo qui.

Senza gongolare troppo mi sembra che sia venuta fuori una bella applicazione. C'è voluto un po' di tempo visto che il nostro budget era limitato, ma alla fine Magno ed io siamo soddisfatti del lavoro e del successo che sta avendo.

Ho notato che da che abbiamo messo su il sito ho scritto 281 tip. Un'esagerazione? In realtà no e lì ci sono davvero tutti i posti che ho amato di più e che in generale voglio ricordare in giro per quella porzione di mondo che ho visitato ma anche per Milano dove vivo. Tips and Trip non a caso è nato da un'esigenza personale e ora finalmente posso svuotare la mia memoria senza dover impilare traballanti colonne di bigliettini da visita.

Che dire d'altro. Spero di aver fatto qualcosa che possa essere utile anche a voi. Se avete un iPhone e volete provare a scaricarla l'applicazione è gratuita. Se invece resistete ancora al fascino Apple ma di viaggi ne avete fatti tanti potete raccogliere le vostre tip anche sul sito.

Queste sono le mie ma spero di trovare presto qualche nuovo suggerimento da voi così come da tutti coloro che hanno già iniziato ad utilizzarlo. Per me è una grande emozione pensare che qualcosa che ho fatto io venga innanzitutto apprezzato ma soprattutto usato quotidianamente da persone che non conosco magari in Australia, Giappone o Stati Uniti. A chi è più famoso di me sembrerà banale ma poiché dentro mi sento ancora una teenager che ha bigiato a scuola a me sembra una cosa eccezionale. Se però non vi convince per qualche motivo ditemelo, ogni suggerimento positivo o negativo è d'aiuto.

Alle vacanze manca ormai poco. Buona partenza a tutti spero con Tips and Trip in tasca come taccuino di viaggio! (Per la serie: evviva l'autopromo e il fancazzismo in ferie!)

sabato 20 marzo 2010

Non amare i bambini è un crimine?



A volte mi chiedo che fine abbiano fatto tutti quei miei amici che al liceo dicevano che dio non esiste, leggevano "La morte della famiglia" di David Cooper, studiavano per poter andare in giro per il mondo, smettevano l'università per dedicarsi all'arte e alla fotografia. In realtà alcuni di quegli amici so dove sono ma non li riconosco più: c'è chi si è sposato, chi ha fatto figli, chi dopo aver scritto sui muri "dio è morto" li ha battezzati, chi è diventato ingegnere, ha preso 10 chili e nel week-end invita altri amici con figli e va a letto alle 21h30 dopo aver visto un po' di Grande Fratello.

Adesso, so che quando si ha 16 anni si hanno altri ideali, si sparano un sacco di cazzate, si litiga con il padre che è uno stronzo, e ci si riempe il corpo di tatuaggi. Ma esattamente come l'inchiostro che è rimasto impresso sulla pelle, un briciolo di quello che si diceva e nel quale si credeva non perché lo facevano tutti ma perché era importante anche per noi, un 10% di queste cose sarà pure rimasto attaccato, o no? Se lo chiedo a me non vedo tanta differenza fra la me di quando ero al liceo o all'università e la me di oggi. Forse è grave e probabilmente sono io l'errore, ma come ho sempre detto la coerenza per me è tutto.

Ovvio che adesso faccio cose diverse e che in un certo senso anche io mi sono incanalata con un lavoro (a dire il vero tanti lavori) e una casa da pagare (in affitto), ma in fondo anche quando ero a scuola avevo più o meno le stesse responsabilità. Non pagavo la casa ma mi pagavo da vivere, quindi in proporzione era uguale.

Io non sono una di quelle persone che dicono con un po' di rammarico "A 30 anni mi immaginavo già sposata, con due figli e una casa in campagna". Io, quando riuscivo a non pensare "No Future" come nella migliore tradizione punk, e un momento di ottimismo mi attraversava la mente, mi sono sempre immaginata indipendente e libera, il che in pratica si traduce in da sola o se non altro senza zavorre (leggi figli) al seguito. E poi il cemento della città mi piace.

Ecco, a me in generale i bambini non mi emozionano e non desidero averli attorno. Non mi piacciono gli amici con i bambini che ti invitano alle loro feste di compleanno, non mi piacciono quelli che ti invitano a cena e poi devi stare lì a parlare di pokemon e vedere le madri che si innervosiscono perché i figli fanno i capricci a tavola, non mi piace chi ti dice "lo vuoi tenere in braccio?" (no, grazie, pesa e poi se te lo rompo mi scassi le palle per tutta la vita), non mi piace chi dà per scontato che anche per te andare all'idroscalo nel week-end con tutte le altre famiglie di Milano debba essere uno spasso. Alcuni bambini sono simpatici per un'oretta o due, ma in ogni caso sono l'1% della popolazione bambinesca.

Ora, mi rendo conto che il range di amici che come me tengono duro e non si sono trasformati nella famiglia Bradford è sempre più piccolo. Sono conscia del fatto che è molto più probabile che sia destinata a una vita di solitudine perché alla lunga tutti poi vogliono un figlio o peggio ancora ce l'hanno già e sono divorziati, ma che ci posso fare?

Con la mia lucidità non penso nemmeno che vorrei essere differente. Parlando per assurdo credo che l'unica cosa che potrebbe farmi cambiare idea è incontrare un'altra persona come me, e a questo punto rispondo alla mia precedente domanda ma con sempre un enorme dubbio alle spalle: volete dirmi che tutti, ma dico tutti i miei amici che hanno cambiato stile di vita, hanno fatto un figlio e sono andati a vivere in case iperaffollate programmando le loro vacanze a Disnelyland Paris hanno davvero incontrato l'anima gemella? Ma per favore. Qualcuno può darsi, ma ci scommetto che fra una 10ina di anni se non prima saranno tutti allegramente divorziati a pagare contributi perché davanti a dio hanno giurato di stare insieme nella buona e nella cattiva sorte, lanciandosi piatti, spaccando bicchieri e litigando per chi si porta via quella stessa copia de "La morte della famiglia" dove a 16 anni avevano aggiunto qualche nota a margine.

Io non sono pronta, sarò in ritardo, ritardata, ma non voglio fare delle scelte per pensare esausta un decennio dopo ridatemi ciò che non avevo prima. Meno male che qualche amico come me ce l'ho ancora e chissà se alla lunga cambierò prima io o loro. Nel frattempo ridatemi un cane e lasciatemi andare in giro a fare le passeggiate senza additarmi come se fossi una freak, grazie. Io cercherò di fare lo stesso con voi dietro ai vostri passeggini.